XIII^ domenica del Tempo Ordinario
XIII^ domenica del Tempo Ordinario
27 Giugno 2021
QUESTO GESU’ COSI’ VICINO
Questo Gesù, stretto dalla folla sulla spiaggia, raggiunto da un papà capo della sinagoga, che lo supplica per la sua bambina, e poi tirato per la veste da una donna malata, ci affascina.
Egli vive proprio la nostra vita, partecipa ai nostri malanni, si fa vicino alle nostre situazioni di vita.
Egli, il Dio fatto uomo, il Creatore qui presente.
Ecco lo scopo che Egli ha avuto quando ci ha messo al mondo: ci ha fatto per la vita e combatte con noi la nostra vicenda umana perché abbiamo la vita.
Scopriamo che i due miracoli di oggi avvengono attraverso l’audacia della preghiera, insistente e decisa, capace di attraversare la folla di persone, di ostacoli, di fatiche, per arrivare a Lui.
Gesù desidera con noi e più di noi il nostro bene, la nostra salvezza totale.
Sabato 26 giugno ore 18.00
Concelebrazione con il Vescovo
per il 50mo di
Ordinazione Sacerdotale
di don Alfonso.
Domenica 27 giugno ore 10,00
Prima Messa in pineta a San Giusto di
don Giovanni Pojer.
La «Giornata per la carità del Papa»,
una questione di cuore
Gesù, Signore della vita e della morte
Il vangelo di questa domenica racconta due miracoli compiuti da Gesù: la risurrezione di una ragazza e la guarigione di una donna. I due racconti offrono un modello di fede semplice e fiduciosa: quasi superstiziosa la fede dell’emorroissa, che tocca furtivamente Gesù nella speranza di essere guarita; ben più grande la fede di Giairo, che nonostante il disfattismo della gente che lo attornia, si affida alla parola di Gesù e, a un gesto e comando di Gesù, la fanciulla riacquista la vita. Nei momenti duri e difficili della vita, anche noi dobbiamo affidarci al Signore ed essere certi del suo aiuto e sostegno. L’aspetto sul quale la liturgia di questa domenica intende fermare la nostra attenzione – ed è l’elemento che collega il vangelo alla prima lettura – è la presentazione di Gesù come signore e padrone della vita e della morte. La malattia e la morte sono sempre in agguato, pronte a irrompere nel momento più inatteso, e la scienza umana si rivela il più delle volte impotente. La parola di Dio addita la radice lontana di questo male: l’invidia del diavolo e il primo peccato (prima lettura), e mette la morte di fronte a Gesù: al suo comando la fanciulla si ridesta dalla morte come se fosse addormentata. L’espressione usuale del linguaggio cristiano: «si è addormentato nel Signore», contiene molta più verità di quel che pensiamo. La morte, grazie alla fede in Cristo, non è più un destino tragico e ineluttabile: è una porta che apre alla «Vita». C’è un fossato profondo e oscuro da saltare: ma al di là c’è la sponda del divino. Morire è spiccare un salto per cadere in Dio, nella luce e nella gioia senza fine. La morte è quindi un traguardo di speranza, ma segna anche la fine del tempo in cui si può «meritare». E’ un muro divisorio: al di qua c’è il merito, al di là il premio o la pena. Questo è un pensiero importante che permette di cogliere tutta la preziosità della vita, e ci aiuta a capire che il tempo della vita è lo spazio nel quale ciascuno di noi costruisce, giorno dopo giorno, il suo destino eterno.
d.G.
DECRETO ZAN
un decreto Liberticida se approvato. Ecco PERCHÉ:
- Una coppia dello stesso genere viene da me, prete, per essere sposata, riceve il mio “no”, mi denuncerà per il reato di “discriminazione” e io sarò punito con una grossa multa e col carcere.
- Idem, se mi chiedono una benedizione.
- Idem se dovessi predicare che l’unica famiglia è quella naturale, voluta da Dio fin dalle origini.
- Gli studenti appartengono allo Stato e quindi riceveranno obbligatoriamente lezioni di gender.
- Se i genitori si ribellano saranno accusati del reato di “discriminazione”, con multa e carcere.
- Dire al catechismo che i figli hanno diritto a un papà e una mamma, sarà un reato di “discriminazione” e comporterà multa e carcere.
Questo e tanto altro comporterà il decreto Zan.
Un vero stato di polizia in mano alle lobby omosessuali.
Un decreto che ha inventato il reato di opinione, proprio come facevano Hitler e Stalin.
Dietro vi sono poteri forti diabolici, che vogliono distruggere la famiglia, per poter manipolare a proprio piacimento la popolazione.
ATTENZIONE cattolici:
svegliamoci prima che sia troppo tardi.
I figli delle tenebre sono all’opera. Chi non si oppone, diventa connivente e corresponsabile del male che sarà causato da quel decreto.
*Don Carlo Rocchetta*
Responsabile del Centro Familiare Casa della Tenerezza (Perugia)
e docente di teologia presso lo Studio Teologico di Assisi.
XII^ domenica del Tempo Ordinario
XII^ domenica del Tempo Ordinario
20 giugno 2021
NELLA NOSTRA BARCA
Dio è grande: lo descrive il libro di Giobbe e vediamo le sue opere attorno a noi, nella bellezza dell’estate che comincia.
Nel Vangelo l’opera di Dio diventa un’esperienza concreta in Gesù che calma il vento e le onde del lago.
Chi è dunque costui?
Un Dio grande e buono che è venuto a navigare nella nostra barca, per attraversare con noi il mare della vita.
C’è dunque speranza, e la nostra speranza viene dalla sua presenza.
Riconoscendo Gesù presente, rinasce la meraviglia, riprende il coraggio, si apre il cuore all’amicizia e stendono le mani alla collaborazione e alla condivisione.
Ne abbiamo immenso bisogno.
Sabato 19 giugno
viene ordinato sacerdote salesiano a Castello di Godego (TV)
don Giovanni Pojer,
attualmente in servizio a San Giusto.
Domenica 27 giugno
alle ore 10.00
Prima Messa in pineta a San Giusto
di don Giovanni Pojer.
Sabato 26 giugno ore 18.00
Concelebrazione con il Vescovo
per il 50mo di Ordinazione Sacerdotale
di don Alfonso.
Sono invitate anche tutte le coppie che ricordano
date significative del loro
matrimonio o della loro vita familiare.
L’apparente silenzio di Dio
Il vangelo presenta il miracolo della tempesta sedata che, in Marco, da’ inizio a una serie di azioni prodigiose che hanno lo scopo di sottolineare la potenza di Gesù che domina le forze del male nell’uomo e nella natura. Colpisce in questa pagina evangelica il fatto che, nel bel mezzo di una tempesta, Gesù dorme tranquillo nella barca. Questa presentazione di Gesù è immagine e simbolo di un’esperienza che non raramente si prova nella vita: di fronte alla malattia, al dolore, alla sofferenza, ai problemi di ogni giorno, ci sta il «silenzio di Dio», abbiamo quasi l’impressione che Dio dorma, che non ci sia. E’ lo scandalo che sta sempre in agguato nella vita di ogni uomo. Gesù, come per i discepoli, fa appello alla nostra fede: dobbiamo prendere atto che Dio, anche quando sembra dormire, è lì con noi; che, anche se sembra tacere, ha parlato e vuole ancora parlarci. Ogni situazione di male, dolore, prova è sempre ambivalente: è aperta a una straordinaria purificazione e rafforzamento della fede, ma è anche aperta alla disperazione, alla maledizione o all’indifferenza. Il grande comandamento, dopo averci detto di amare Dio con tutto il cuore, ci esorta ad amarci gli uni gli altri. Se la comunità cristiana saprà vivere la propria fede in un clima di amore e sostegno reciproco, le persone che stanno attraversando momenti difficili, anche grazie alla nostra vicinanza, saranno aiutate ad avvertire l’amore di Dio e la sua costante presenza nel cammino della vita. La barca sul mare in tempesta è sempre stata considerata una immagine della chiesa nel mondo, assalita dalle persecuzioni e sconvolta dai dubbi, ma protetta dal suo Signore che può salvarla dai pericoli. La comunità cristiana non è abbandonata a sé stessa e non ha motivo di lasciarsi andare alla poca fede, perché il Signore è sempre al fianco dei suoi e, dietro loro richiesta, li aiuterà a uscire dalle difficoltà. Ai discepoli di ogni tempo e luogo, questo brano evangelico dice che la vita cristiana non è una crociera in un mare piatto e tranquillo, le difficoltà e le burrasche fanno parte della vita e quando sopraggiungono non bisogna avere paura ma confidare nel Signore, e avere la certezza che egli è presente e pronto ad aiutare.
d.G.
Un libro per l’estate: C’è speranza?
In una sorta di dialogo a distanza, il romanziere poeta Davide Mencarelli sull’Osservatore Romano e la giornalista Marina Corradi su Avvenire intervengono sull’ultimo volume di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, C’è speranza? Il fascino della scoperta (Milano, Editrice Nuovo mondo, 2021, pagine 160, euro 3,80).
Davide Mencarelli: “Vita e morte. Il duello inestirpabile che ci portiamo tutti nel cuore. Questo duello è il culmine del nostro vivere e sentire. Il covid è stato uno spaventoso moltiplicatore. Il terrore di morire e veder morire i propri cari ha strisciato dentro moltissime case, come la depressione montante, anche tra i giovanissimi, oppure il tentativo di far finta che nulla stesse accadendo.” E prosegue: Ma c’è anche chi ha reagito in senso sorprendentemente contrario. Al terrore ha risposto con un desiderio nuovo: ritornare alle questioni profonde dell’esistenza. Partendo dalla domanda fondamentale che investe, o dovrebbe investire, tutti: io chi sono? Allora dove cercare la pienezza? Dove poggiare lo sguardo della nostra attesa? Dobbiamo affidarci all’incalcolabile. All’imprevisto montaliano. Il punto decisivo: Qui entra in scena il Fatto. L’Evento. Abbiamo trovato il messia. Dice Giovanni (1, 41). Perché questo ci chiede la nostra anima. Il Salvatore. E lui è venuto. È nella Storia. Cristo introduce l’avvenimento della salvezza.
Marina Corradi riprende il filo del discorso con due citazioni: Carrón: C’è speranza? «Noi non abbiamo bisogno solo di cure mediche, abbiamo anche bisogno di guardare alla sofferenza e alla morte senza crollare davanti a esse». «Per verificare se la speranza cristiana non delude dobbiamo affrontare quello che la realtà non ci risparmia, nell’incontro e nello scontro con le circostanze, specialmente quelle inevitabili». Ecco la conclusione: Nella paura, si cerca lo sguardo di chi ti è vicino: e se quello è generoso, e in pace, e mostra uno strano coraggio, sorge spontaneo il chiedersi come fa. Così la fede in Cristo si trasmette, in una testimonianza che spesso non ha bisogno di parole. E’ l’amico che ti resta vicino, è il medico che ti guarda come un uomo e non un corpo guasto, è il collega che ti abbraccia nella tua stanchezza. Come fai, chiedi allora, a restare così, in un tale marasma? E’ nei momenti estremi che la speranza in Cristo affiora negli sguardi, in semplici uomini, che però stanno al mondo in un modo diverso, e destano stupore. Chissà quali semi, ora invisibili, germineranno da questo tempo doloroso. Carrón sembra riconoscerli in tante lettere ricevute da amici vicini e lontani. Perché se anche, come speriamo, la vita e il lavoro e la gioia ritorneranno, dopo tanto dolore chissà, se tutto sarà esattamente “come prima”. O se in qualcuno non resterà la memoria di un istante in cui ha avvertito in sé l’aprirsi di una ferita, di una crepa. A noi uomini, le crepe fanno paura. Ma, canta Leonard Cohen, «C’è una crepa in ogni cosa / è così che entra la luce».
XI^ domenica del Tempo Ordinario
XI^ domenica del Tempo Ordinario
13 giugno 2021
IL SEME CHE CRESCE
La potenza del seme può solo essere assecondata.
Il seme piantato su un buon terreno, irrigato e protetto.
Non può essere sostituito da nessuna combinazione artificiale.
Il nostro compito consiste nell’accogliere il seme, cioè la parola di Dio e la sua opera nel mondo.
Ogni giorno possiamo accogliere nuove sementi di vita, attraverso le circostanze che accadono, le persone che incontriamo e tutta la storia
di Dio con noi, che passa attraverso i Vangeli, la vita della Chiesa, la testimonianza dei Santi (S. Antonio, i Santi Patroni, P. Marella…).
Siamo collaboratori dell’opera di Dio, da scoprire e seguire, senza ostacolarla o sostituirla con le nostre invenzioni.
Santi Felice e Fortunato.
viene celebrata la
S. Messa nella parrocchia di Mea
dedicata ai Santi Felice e Fortunato
Sabato 12, alle ore 18
Per questo motivo viene sospesa
la celebrazione della Messa delle 9
di domenica 13 giugno.
Cinquant’anni di sacerdozio
Come si fa a non ricordarli?
Come si fa a non ringraziare?
Per questo vi invito sabato
26 giugno alla Messa delle 18
per ringraziare con me il Signore.
Io vorrei però, in quella circostanza,
ricordare anche alcune date significative
della vostra vita familiare.
Fatemelo sapere.
Il regno di Dio è come un seme
Il vangelo presenta la parabola del seme che cresce da solo e quella del granello di senape. La prima parabola pone l’accento sul contrasto tra l’inerzia del contadino e il misterioso germogliare del seme, così anche il Regno annunciato da Gesù cresce grazie all’azione incessante e misteriosa di Dio. La parabola non è un invito al quietismo o alla pigrizia, ma alla speranza. Se il seme è gettato, il raccolto è garantito. Il regno di Dio non è una realtà da «forzare», come facevano gli zeloti al tempo di Gesù o come sono tentati di fare i malati di attivismo di ogni tempo. Il regno di Dio non è questione di organizzazione e/o di efficienza, ma solo di accoglienza. Nella parabola del granello di senape, il grande arbusto viene fuori dal piccolo seme, cioè negli umili inizi si può già intravedere il Regno di Dio che viene. Con queste parabole Gesù intende rispondere a coloro che aspettandosi un regno glorioso e universale scuotevano il capo dinanzi a un Rabbi sconosciuto di Nazareth, a un pugno di discepoli e gente senza idee chiare che lo seguiva (pubblicani, prostitute, peccatori). È questo il rivolgimento di portata universale? Gesù risponde invitando a guardare il seme che, una volta seminato, cresce fino a produrre frutto nonostante l’inattività del contadino; invita a guardare il granello di senape, piccolo e insignificante, ma nella sua piccolezza dà vita a un grande ortaggio all’ombra del quale gli uccelli possono ripararsi.
Entrambe le parabole sono un invito alla pazienza e all’attesa fiduciosa. All’inizio c’è un grano minuscolo: un giovane falegname pretende di stabilire il regno di Dio, tentativo umanamente votato all’insuccesso ma, a dispetto dei mezzi irrisori e delle tante difficoltà, la comunità da lui fondata (la chiesa) cresce e si sviluppa, e i suoi rami si stendono lontano. Bisogna avere fiducia! Il seme del vangelo deve germogliare e crescere anche in ciascuno di noi, quindi pazienza anche con noi stessi. Non è in un batter d’occhio che possono crescere le virtù cristiane. Ci saranno dei progressi, seguiti talvolta da cedimenti e cadute, ma non bisogna perdersi d’animo. Dio premia sempre la buona volontà: «là dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia» (cfr. Rm 5,20).
d.G.
13 GIUGNO
SANT’ANTONIO DA PADOVA
La Chiesetta che conserva la Piccola Statua di Sant’Antonio da Padova, chiamata per questo “Sant’Antonin da Po”, è oggetto di grande devozione popolare. La manutenzione e l’organizzazione liturgica è curata da un Comitato e da alcuni volontari, insieme ai Sacerdoti della Parrocchia di San Bartolomeo. Da alcune testimonianze orali sappiamo con certezza che una Chiesetta esisteva già a metà del 1800, in un periodo in cui le piene del Po sommergevano facilmente la golena con le piccole abitazioni che stavano sorgendo. La tradizione dice che il Capitello fu costruito sul terreno occupato da una pianta di fico tra le cui foglie fu trovata impigliata la statuetta, forse portata da una piena del fiume. Gli abitanti del luogo raccolsero con devozione la statuetta e la portarono in casa loro. Si dice che per ben tre volte abbiano portato in casa la piccola statua di Sant’Antonio e per tre volte, al mattino, la ritrovassero sul fico. La Comunità decise cosi di costruire un piccolo Capitello in legno, che andò in fiamme più volte, mentre la statuetta rimaneva illesa. Negli ultimi lavori di restauro è emersa, dietro una trave del sottotetto, una scritta graffiata sul cemento: “1919 Zerbini Rinaldo”, una vera e propria voce del passato a confermare come un centinaio di anni fa la struttura fosse già in muratura. Nelle ultime due guerre il Capitello di Sant’Antonin divenne punto di ritrovo di mamme e mogli con figli e mariti in guerra. Le pareti della Chiesetta cominciarono ad arricchirsi man mano di segni di grazie ricevute: stampelle, protesi, e anche collane e anelli d’oro; il tutto fu portato a Padova dal Santo. Nell’alluvione del 1951 l’unica zona risparmiata dall’acqua, fu la golena dove si trova il Capitello. Negli anni ’70, mentre era Parroco don Umberto Pavan, si incominciò a incrementare la processione del 13 giugno e a rendere pubblici alcune atti di pietà attorno al Santo. Nel 1990 si costituì un Comitato formato dai Combattenti e Reduci, presieduto con passione dal Cav. Francesco Zaia, e si iniziò l’opera di restauro e di ampliamento del Capitello. Nel 2018, per iniziativa di Maria Teresa Cellegato, di Giancarlo Mancin e di alcuni volontari si fecero altri interventi che resero l’ambiente esterno e il Capitello più accogliente. Nel 2019 il Capitello è stato svincolato dalla proprietà privata che lo possedeva e, con l’intervento delle persone sopra ricordate, è passato come proprietà della Parrocchia per assicurargli continuità nel tempo. L’appuntamento per la processione del 13 giugno, giorno della festa di Sant’Antonio, è molto sentito e vede la partecipazione del popolo di Porto Viro e di alcuni paesi limitrofi.
Le Autorità Civili assicurano sempre la loro presenza e spesso anche il Vescovo di Chioggia ha partecipato alla festa.
Corpus Domini
Corpus Domini
6 giugno 2021
UN DIO VIVO E PRESENTE
Il cristianesimo è Gesù presente tra noi, segnalato dall’Eucaristia, sacramento della sua Passione, Morte, Risurrezione, a noi donato come cibo e bevanda.
Attorno a questa Presenza del Signore si edifica e cresce la Chiesa: anche la nostra comunità, anche le nostre singole persone.
Quando non guardiamo questo Dio presente e quando non ci avviciniamo a Lui, le nostre comunità si sfaldano e noi rimaniamo soli e perduti.
Adesso che persone, comunità, attività di lavoro e di commercio si ridestano, possiamo ricominciare a vivere ripartendo dall’Eucaristia celebrata insieme e adorata personalmente.
Possiamo riprendere a partecipare alla Messa con familiari e amici.
Possiamo accorgerci che Gesù ci accompagna nella quotidiana impresa della vita.
Venerdì 11 giugno
Festa dei Santi Martiri Felice e Fortunato
patroni della città e della
diocesi di Chioggia
Nel pomeriggio in Cattedrale a Chioggia, alle 18, il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna, in visita a Pellestrina, terra natale del Beato Olinto Marella, celebrerà la Messa Solenne in onore dei Santi Patroni.
Solennità del Corpo e del
Sangue del Signore
Nella solennità del Corpo e del Sangue
del Signore invitiamo a partecipare
alle 17,00 all’Ora di Adorazione,
in Chiesa S. Bartolomeo
Prese il pane, lo spezzò e lo diede loro
La solennità del Corpus Domini invita il cristiano ad accrescere e approfondire la propria fede nell’Eucaristia, segno al quale Gesù ha legato in modo particolare la sua presenza tra noi. Già l’antico popolo di Dio durante le sue peregrinazioni nel deserto aveva sperimentato più volte la presenza di Dio: la manna, le quaglie, l’acqua scaturita dalla roccia. Come Dio era presente in mezzo all’antico popolo di Israele per aiutarlo e sostenerlo nei momenti difficili, così oggi Gesù è presente in mezzo a noi, e l’Eucaristia il momento nel quale il cristiano percepisce maggiormente la sua presenza. L’Eucaristia è il momento fondamentale di costruzione della Chiesa; è il momento che dà al cristiano le energie necessarie per vivere in modo impegnato la sua fede; è il momento nel quale i cristiani formano comunità e innalzano al Signore la loro preghiera; è il momento nel quale si riconoscono fratelli, figli di uno stesso Padre, in cammino verso la realizzazione piena della loro vita.
Nell’Eucaristia lo stesso Gesù che viene a me, va anche nel fratello che siede accanto a me, e quindi ci lega gli uni agli altri. Chi pretendesse di essere tutto fervore per il Signore dopo aver trattato male il fratello, senza aver chiesto scusa o avere l’intenzione di farlo, somiglia a uno che si leva in punta di piedi per baciare in fronte un amico e non si accorge che nello stesso momento gli sta pestando i piedi con un paio di scarponi chiodati da montagna. Da Cristo che si dona nell’Eucaristia il cristiano riceve l’invito a imitare la sua stessa «vita donata». Vita donata è la vita offerta a Dio nella fedeltà alla sua parola, nell’obbedienza alla sua volontà. Vita donata è la vita aperta a ogni persona che vive in questo mondo: una vita capace di accogliere tutti, una vita che supera le barriere dovute a razza, cultura, religione e, anzi, le trasforma in elementi di arricchimento e di completamento reciproco. Gesù è morto per la salvezza di tutti, è risorto per dare inizio a una nuova umanità. Questo deve essere il frutto di ogni partecipazione all’Eucaristia, affinché ogni cristiano sia – come Cristo – pane spezzato per un mondo nuovo. Facciamo sì che le nostre comunità mediante la partecipazione all’Eucaristia diventino comunità che creano amicizia, comunione, collaborazione, comunità impegnate a vivere con gioia e nella gioia la parola di Gesù.
d.G.
Mea
Sabato 12, alle ore 18, viene celebrata la Messa nella parrocchia di Mea, dedicata ai Santi Felice e Fortunato.
Per questo motivo viene sospesa la celebrazione della Messa delle 9 domenica 13 giugno.
Sant’Antonin da Po
Il giorno 13 giugno la Chiesa celebra la festa di Sant’Antonio da Padova.
Anche noi, seguendo la Tradizione, ricordiamo questo grande Santo, dandoci l’appuntamento presso il capitello dedicato a Sant’Antonin nella golena del Po, con la S.Messa alle ore 20,30.
Essendo domenica, per dare a molti la possibilità di parteciparvi, non ci sarà la Messa in parrocchia alle 18.
Anche quest’anno purtroppo non potremo fare la processione..
Cinquant’anni di sacerdozio
Come si fa a non ricordarli,
come si fa a non ringraziare?
Per questo vi invito
sabato 26 giugno alla Messa delle ore 18
per ringraziare con me il Signore. Io verrei però in quella circostanza ricordare anche alcune date significative della vostra vita familiare.
Fatemelo sapere.
Dopo la Messa ci sarà una bicchierata
per tutti nel cortile dietro la Chiesa.
don Alfonso
La nostra Diocesi oggi, in Cattedrale, alle 18, festeggia il Vescovo Adriano nel 50mo della Sua Ordinazione Sacerdotale.