XVII° Domenica del Tempo Ordinario
XVII° Domenica del Tempo Ordinario
24 Luglio 2022
DI FRONTE AL PADRE
Gesù sta di fronte alla vita, a cose, persone, avvenimenti, guardando il Padre.
Non insegna una formula di preghiera, ma l’atteggiamento dei figli e dei fratelli.
La preghiera ci educa alla confidenza in Dio e nella sua Provvidenza, all’apertura e alla misericordia verso i fratelli.
Nella preghiera diventiamo collaboratori di Dio per la sua opera di bene nel mondo.
Pregando, scopriamo di essere figli amati e perdonati, rinnoviamo le nostre energie, ritroviamo la chiarezza del cammino e ci abbandoniamo al Padre.
I giovedì di
Santa Chiara
Sono ripartiti i Giovedì
di Santa Chiara,
in preparazione della
festa della Santa.
Quest’anno sono stati
pensati con il
coinvolgimento di
varie parrocchie
della nostra diocesi
di Chioggia, ma
restano aperti a tutti!
Tema di questo anno è:
Con Chiara e Francesco
pellegrini cercatori di Dio
Insieme ci ritroviamo in
questo nuovo percorso.
Pace e ogni bene.
Appuntamento per
la nostra Unità Pastorale
Giovedì 28 luglio
alle ore 21,00
presso la Chiesa
delle Clarisse
Signore, insegnaci a pregare!
Il vangelo presenta la versione lucana del «Padre nostro». I discepoli rimangono colpiti nel vedere Gesù che prega e gli domandano: Signore, insegnaci a pregare! Gesù, con la preghiera del «Padre nostro», insegna ai discepoli quello che bisogna chiedere e lo stato d’animo che deve avere colui che prega. La parola «Padre» sigla l’inizio della preghiera del cristiano. Questo termine ricorda che la signoria di Dio non è per dominare, ma per donare. Il padre è colui che si prende cura, che indica la strada, di qui l’obbedienza, che non è la negazione della libertà, ma lo scrigno che la custodisce. Se Dio è Padre, l’uomo è «figlio» e la condizione di figlio non appartiene a una stagione della vita, ma a tutta la vita. L’uomo è sempre figlio, desideroso di essere amato, di avere un punto di riferimento, di avere qualcuno che lo accompagni. Al centro del «Padre nostro» c’è la domanda del pane: Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano. Il pane è l’elemento essenziale per la vita dell’uomo, simboleggia tutto ciò che è necessario al suo sostentamento. La formulazione della domanda del pane merita attenzione, perché esprime una visione del mondo capovolta rispetto al sentire comune. Chiedendo al Padre il pane, si riconosce la nostra «dipendenza» da lui. Il pane è nostro, frutto del nostro lavoro, e tuttavia lo si chiede al Padre come un dono. Chi recita il «Padre nostro» rifiuta di farsi padrone di sé stesso, delle proprie cose, del mondo. Accanto al senso della dipendenza, la richiesta esprime un vivo senso di «fraternità». La domanda è al plurale: il «nostro» pane. Si chiede il pane per tutti, non soltanto per sé stessi. Probabilmente noi il pane l’abbiamo, ma quanti sono nel mondo coloro che non ce l’hanno? Sono nostri fratelli, e
la preghiera di Gesù insegna a preoccuparci di loro. Ogni volta che si recita il Padre nostro, il pensiero dovrebbe correre alla parte meno fortunata del mondo. Se fosse così la mentalità del nostro mondo sazio e sciupone cambierebbe. Infine, dalla domanda del pane traspare un vivo senso di «sobrietà», si chiede al Padre il pane sufficiente per oggi, nulla di più. Nessun inutile affanno, nessuna spinta all’accumulo, nessuna ingordigia. Questa non è mortificazione, ma libertà: liberi dall’ossessione delle cose, dal troppo e dall’inutile, per far posto alle relazioni e alla condivisione. La bellezza delle cose non sta nell’accumularle, ma nel goderle insieme.
d.G.
Due occhi e un dente:
è questa l'amicizia con Gesù Cristo
Sulla parete Nord della chiesa di Ognissanti a Pellestrina c’è un dipinto che da piccolo mi ha sempre incuriosito. Non tanto per la Santa Lucia coi due occhi nel piattino ma per la sua compagna che non conoscevo: Sant’Apollonia.
Teneva in mano una pinza con quello che poi ho scoperto essere un dente.
Ricordo che all’inizio della sua storia mi ha turbato, come quella di molti altri santi martiri, ma poi man mano una strana quiete è scesa in me diventando grande e riguardando quel bel quadro.
Forse ho intuito che quei volti sereni, quei volti santi rivolti a Maria e Gesù sono così perché sono stati presi, afferrati, fino ai “denti”, fin dentro la fibra dei loro occhi, in un abbraccio così grande e vero da salvare anche ciò che noi consideriamo inutile, secondario.
Come a dire: non c’è vero amore che non faccia suo ogni piccolo frammento di noi, ogni dente, ogni sguardo. E in paradiso le anime dovranno pur sorridere no?