XI^ domenica del Tempo Ordinario

13 giugno 2021

 IL SEME CHE CRESCE

La potenza del seme può solo essere assecondata.
Il seme piantato su un buon terreno, irrigato e protetto.
Non può essere sostituito da nessuna combinazione artificiale.
Il nostro compito consiste nell’accogliere il seme, cioè la parola di Dio e la sua opera nel mondo.
Ogni giorno possiamo accogliere nuove sementi di vita, attraverso le circostanze che accadono, le persone che incontriamo e tutta la storia
di Dio con noi, che passa attraverso i Vangeli, la vita della Chiesa, la testimonianza dei Santi (S. Antonio, i Santi Patroni, P. Marella…).
Siamo collaboratori dell’opera di Dio, da scoprire e seguire, senza ostacolarla o sostituirla con le nostre invenzioni.

Santi Felice e Fortunato.

viene celebrata la
S. Messa nella parrocchia di Mea
dedicata ai Santi Felice e Fortunato
Sabato 12, alle ore 18
Per questo motivo viene sospesa
la celebrazione della Messa delle 9
di domenica 13 giugno.

Cinquant’anni di sacerdozio

Come si fa a non ricordarli?
Come si fa a non ringraziare?
Per questo vi invito sabato
26 giugno alla Messa delle 18
per ringraziare con me il Signore.
Io vorrei però, in quella circostanza,
ricordare anche
alcune date significative
della vostra vita familiare.

Fatemelo sapere.

Il regno di Dio è come un seme

Il vangelo presenta la parabola del seme che cresce da solo e quella del granello di senape. La prima parabola pone l’accento sul contrasto tra l’inerzia del contadino e il misterioso germogliare del seme, così anche il Re­gno annunciato da Gesù cresce grazie all’azione incessante e misteriosa di Dio. La parabola non è un invito al quietismo o alla pigrizia, ma alla speranza. Se il seme è gettato, il raccolto è garantito. Il regno di Dio non è una realtà da «forzare», come facevano gli zeloti al tempo di Gesù o come sono tentati di fare i malati di attivismo di ogni tempo. Il regno di Dio non è questione di organizzazione e/o di efficienza, ma solo di accoglienza. Nella parabola del granello di senape, il grande arbusto viene fuori dal piccolo seme, cioè negli umili inizi si può già intravedere il Regno di Dio che viene. Con queste parabole Gesù intende rispondere a coloro che aspettandosi un regno glorioso e universale scuotevano il capo dinanzi a un Rabbi sconosciuto di Nazareth, a un pugno di discepoli e gente senza idee chiare che lo seguiva (pubblicani, prostitute, peccatori). È questo il rivolgimento di portata universale? Gesù risponde invitando a guardare il seme che, una volta seminato, cresce fino a produrre frutto nonostante l’inattività del contadino; invita a guardare il granello di senape, piccolo e insignificante, ma nella sua piccolezza dà vita a un grande ortaggio all’ombra del quale gli uccelli possono ripararsi.
Entrambe le parabole sono un invito alla pazienza e all’attesa fiduciosa. All’inizio c’è un grano minu­scolo: un giovane falegname pre­tende di stabilire il regno di Dio, tentativo umanamente votato all’insuccesso ma, a dispetto dei mezzi irrisori e delle tante difficoltà, la comunità da lui fondata (la chiesa) cresce e si svi­luppa, e i suoi rami si stendono lontano. Bisogna avere fiducia! Il seme del vange­lo deve germogliare e crescere anche in ciascuno di noi, quindi pazienza anche con noi stessi. Non è in un batter d’occhio che possono crescere le virtù cristiane. Ci saranno dei progressi, seguiti talvolta da cedimenti e cadute, ma non bisogna perdersi d’ani­mo. Dio premia sempre la buona volontà: «là dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia» (cfr. Rm 5,20).
d.G.

13 GIUGNOSANT’ANTONIO DA PADOVA

La Chiesetta che conserva la Piccola Statua di Sant’Antonio da Padova, chiamata per questo “Sant’Antonin da Po”, è oggetto di grande devozione popolare. La manutenzione e l’organizzazione liturgica è curata da un Comitato e da alcuni volontari, insieme ai Sacerdoti della Parrocchia di San Bartolomeo. Da alcune testimonianze orali sappiamo con certezza che una Chiesetta esisteva già a metà del 1800, in un periodo in cui le piene del Po sommergevano facilmente la golena con le piccole abitazioni che stavano sorgendo. La tradizione dice che il Capitello fu costruito sul terreno occupato da una pianta di fico tra le cui foglie fu trovata impigliata la statuetta, forse portata da una piena del fiume. Gli abitanti del luogo raccolsero con devozione la statuetta e la portarono in casa loro. Si dice che per ben tre volte abbiano portato in casa la piccola statua di Sant’Antonio e per tre volte, al mattino, la ritrovassero sul fico. La Comunità decise cosi di costruire un piccolo Capitello in legno, che andò in fiamme più volte, mentre la statuetta rimaneva illesa. Negli ultimi lavori di restauro è emersa, dietro una trave del sottotetto, una scritta graffiata sul cemento: “1919 Zerbini Rinaldo”, una vera e propria voce del passato a confermare come un centinaio di anni fa la struttura fosse già in muratura. Nelle ultime due guerre il Capitello di Sant’Antonin divenne punto di ritrovo di mamme e mogli con figli e mariti in guerra. Le pareti della Chiesetta cominciarono ad arricchirsi man mano di segni di grazie ricevute: stampelle, protesi, e anche collane e anelli d’oro; il tutto fu portato a Padova dal Santo. Nell’alluvione del 1951 l’unica zona risparmiata dall’acqua, fu la golena dove si trova il Capitello. Negli anni ’70, mentre era Parroco don Umberto Pavan, si incominciò a incrementare la processione del 13 giugno e a rendere pubblici alcune atti di pietà attorno al Santo. Nel 1990 si costituì un Comitato formato dai Combattenti e Reduci, presieduto con passione dal Cav. Francesco Zaia, e si iniziò l’opera di restauro e di ampliamento del Capitello. Nel 2018, per iniziativa di Maria Teresa Cellegato, di Giancarlo Mancin e di alcuni volontari si fecero altri interventi che resero l’ambiente esterno e il Capitello più accogliente. Nel 2019 il Capitello è stato svincolato dalla proprietà privata che lo possedeva e, con l’intervento delle persone sopra ricordate, è passato come proprietà della Parrocchia per assicurargli continuità nel tempo. L’appuntamento per la processione del 13 giugno, giorno della festa di Sant’Antonio, è molto sentito e vede la partecipazione del popolo di Porto Viro e di alcuni paesi limitrofi.
Le Autorità Civili assicurano sempre la loro presenza e spesso anche il Vescovo di Chioggia ha partecipato alla festa.