XXIV^ Domenica del Tempo Ordinario

12 settembre 2021

SEGUIRE GESU’

La fede di Pietro, la conferma di Gesù, l’annuncio della passione-morte-risurrezione, la protesta di Pietro, l’invito di Gesù alla sequela: sono anche i passi della nostra vita cristiana.
Costituiscono la decisione della vita, e anche la decisione
di ogni giorno.
Riconoscere Cristo mentre camminiamo, lavoriamo, incontriamo; mentre accadono i fatti lieti o dolorosi della giornata;
mentre viviamo in questo mondo contraddittorio di bene e di male.
La fede riconosciuta e vissuta ci unisce a tutti i nostri fratelli cristiani e diventa la nostra testimonianza di fronte al mondo.

Natività della Beata Vergine Maria.

Domenica 12 settembre celebriamo
a Ca’ Cappellino la festa patronale.
In quella domenica viene sospesa
la celebrazione della Messa delle ore 18
a San Bartolomeo, perché
alle ore 18 verrà celebrata
la Messa solenne a Ca’ Cappellino.

NATIVITÀ DI MARIA

La contempliamo così tanto grande che pare quasi strano pensarla bambina. Troppe conquiste fatte da Maria: sposa, profetessa, pellegrina. Per non parlar di quei quattro capisaldi che fanno di Lei l’Intoccabile di Dio: Madre, Vergine, Immacolata, Assunta. Addirittura, nel rosario, Regina. Tutto al maiuscolo, perché la Donna che visse in maniera tanto minuscola, diede il suo grembo affinché l’Altissimo prendesse casa tra le case di quaggiù. Eppure, par persino ovvio dirlo, Maria non c’è sempre stata, non abita quella Sacra Trinità che esiste da tempi immemori, da quando ancora non c’era il tempo. Maria no: arrivò più tardi, come riparatrice, a rammendar quella stoffa che il satana aveva tentato di sfilacciare. Non ha il portento di chi crea con una parola: Sia la Luce. E la luce fu. Ma con una sola parola – Eccomi – diede al mondo la Parola più suggestiva e scandalosa. Che ancora oggi, quando la si pronuncia, spacca il mondo tra bestemmiatori e devotissimi.

L’ essenziale.

La scuola, luogo dove poter fare esperienza.

Inizia la scuola con una domanda: di che tipo di scuola c’è bisogno oggi? Inizia un altro anno pieno di sfide! Ho ascoltato più volte, in questi giorni, un’intervista a don Villa, che guida una scuola libera in Friuli, nata dall’insistente richiesta delle famiglie della zona dopo il terribile terremoto del ‘76. Mi sono entrate nella mente la semplicità delle sue parole, specialmente quando, ad un certo punto, dice che se non hai nulla, inizi dall’essenziale. Continua dicendo in cosa consista l’essenziale per una scuola: capire le ragioni di ciò che si sta facendo; e quindi aiutare i propri alunni a capire le ragioni di ciò che si sta facendo. Per far questo, racconta don Villa, iniziano tutte le mattine con una canzone e ne fissano una parola, una frase. Perché lo scopo della scuola era ed è una ricostruzione, come all’inizio era imparare a vivere nelle macerie del terremoto. Le sue parole mi sono state immediatamente corrispondenti. In questo tempo non viviamo nelle macerie del terremoto, ma la pandemia, con tutte le sue restrizioni e limitazioni, ha sollecitato una domanda, che altrimenti avremmo data per scontata, cioè appunto ‘cosa è essenziale nella nostra scuola’. L’anno scorso, iniziando la scuola dopo il lockdown, ci siamo incontrati tra insegnanti a rispondere a questa domanda. Ci siamo detti che innanzitutto la scuola è un luogo dove poter fare esperienza. Abbiamo determinato, ad esempio, di non voler rinunciare al momento del mattino fatto tutti insieme, scegliendo quindi di farlo all’aperto; affidiamo la giornata e cantiamo una canzone! L’essenziale è quindi puntare alla totalità del ragazzo, al suo cuore.

Emmanuela Schiavon

Tu sei il Cristo

Alla fine dell’attività in Galilea, Gesù fa una specie di sondaggio e chiede ai discepoli: Chi dice la gente che io sia? La gente ha capito che Gesù è un personaggio speciale ma non azzecca la risposta. Gesù rivolge quindi la domanda ai discepoli: Voi, chi dite che io sia? Cioè: cosa avete colto nella mia persona? Vi limitate a paragonarmi – come la folla – a figure del passato o avete intuito qualcosa di più profondo? Di fronte a questa provocazione ecco la risposta di Pietro: Tu sei il Cristo! Quattro parole che richiamano tutta la speranza e l’attesa biblica. Pietro dice: abbiamo capito che tu non sei solo un profeta che annuncia il Regno che verrà; tu non sei solo uno che compie grandi miracoli come Elia; non sei solo uno che invita a conversione, come Giovanni il Battista. Abbiamo capito che tu sei il Messia, che il Regno è già qui con te, che la speranza di Israele si è realizzata in te. Mentre le figure precedenti annunciavano qualcosa per il futuro, tu, Gesù, sei il compimento del piano di Dio e non dobbiamo attendere altro; in te c’è ogni nostra speranza e ogni nostro desiderio. Pietro ha capito che in Gesù c’è la rivelazione ultima e piena, ha capito che Dio è con noi nella persona di Gesù. Gesù accetta la risposta di Pietro, ma c’è ancora un lungo cammino da fare, Gesù è il Messia atteso ma donerà la salvezza con la sofferenza e la croce. Pietro a questo punto si scandalizza, ma non è possibile nessuna scappatoia: Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Prendere la croce significa rimanere fedeli a Gesù anche a costo di rimetterci ogni cosa. La croce naturalmente non va cercata per sé stessa, non è frutto di autolesionismo, ma è segno di un amore senza misura, segno della propria fedeltà a Cristo. Come Gesù ha salvato il mondo con il suo apparente fallimento sulla croce, così anche il discepolo ogni volta che sopporta sofferenza e persecuzione per non cedere al compromesso, diventa manifestazione della potenza di Dio che salva per mezzo della croce.

d.G.