Domenica III del tempo ordinario

22 gennaio 2023

ANNUNCIO E PRESENZA DEL VANGELO, OGGI

C’è bisogno della luce di Cristo, nel mondo che vive nelle tenebre della menzogna e della violenza.
Accogliamo noi per primi l’invito di Gesù: “Convertitevi…”. Gesù chiama Pietro e Andrea, Giovanni e Giacomo, a condividere la sua missione.
Chiama i nuovi pastori della Chiesa, e tutti i cristiani a testimoniarlo:
questi sono oggi il suo volto, la sua parola, la sua opera.
Il dono della parola di Dio e della vita di Gesù nel Vangelo e in tutta la Bibbia, diventi strumento di conversione e di annuncio.

Dovendo, in questi giorni, riordinare la nuova agenda per la celebrazione delle
S.S. Messe in suffragio dei defunti, e persone che desiderano o sono abituate a
far celebrare mensilmente la S. Messa, sono pregate di riconfermarlo quanto prima

Settimana di preghiera
per l’Unità dei Cristiani

18-25 gennaio

“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia”
(Isaia 1,17)

Venerdì 27 gennaio
si celebra a Taglio di Po la festa della

Madonna del vaiolo

14,30 recita del santo rosario
15,00 uscita della solenne processione
al termine S.Messa
presieduta dal Vescovo Giampaolo

Una cosa sola è
necessaria

Secondo anno
del Cammino Sinodale
2022- 2023

° ° °

Incontro diocesano
per catechisti,
animatori della liturgia,
e operatori della carità

Domenica 12 febbraio 2023
alle ore 15,30
presso le opere parrocchiali
della parrocchia
B.M.V. della Navicella

Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino

La salvezza è dono di Dio, è grazia, ma allo stesso tempo è anche una chiamata. Al dono di Dio deve fare riscontro l’impegno dell’uomo; all’iniziativa di Dio deve seguire la risposta umana. «Il regno dei cieli è vicino», ossia: Dio si è fatto vicino, è in mezzo al suo popolo. Con la sua presenza, Gesù dimostra di essere la «grande luce» annunciata da Isaia e donata a un popolo oppresso e sfiduciato; una luce che vince l’oscurità del male e del peccato; una luce rivolta a tutti, perché tutti possano ricevere la salvezza. Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta (Mt 4,16; cfr. Is 9,1).
L’appello di Gesù alla conversione è seguito dalla chiamata dei primi quattro discepoli. Essi ci vengono presentati come modelli di risposta alla chiamata di Gesù. Come Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, anche noi siamo chiamati a seguire Gesù, a porci alla sua scuola, convinti che abbiamo sempre qualcosa di nuovo da imparare da lui, unico e vero Maestro. Alla sua scuola potremo far crescere l’intensità della nostra fede, l’ardore della nostra speranza, la generosità della nostra carità. Simone e Andrea lasciarono il lavoro di pescatori, Giacomo e Giovanni lasciarono la barca e il padre. Per noi oggi questo è un invito a mantenere un giusto distacco dalle realtà materiali. Questo non significa trascurare gli affetti familiari o disprezzare il lavoro e le attività di ogni giorno, al contrario significa vivere queste dimensioni della vita in modo più intenso e profondo, giungendo ad amare gli altri con lo stesso amore che Dio ha manifestato verso di noi.
I chiamati sono due coppie di fratelli: [Gesù] vide due fratelli, Simone e Andrea suo fratello… Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello. Per sfuggire al pericolo di una fede individualista non dobbiamo mai dimenticare che la vocazione cristiana chiama a una vita comune, chiama all’interno di una comunità, la vocazione a coppie vuole sottolineare proprio questa idea. Il cristiano con il battesimo viene inserito in una comunità e, se negli altri sapremo vedere dei fratelli, sarà più facile vivere gesti di disponibilità, apertura e servizio.

d.G.

Lunedì scorso, 16 gennaio,
il vescovo Giampaolo ha ricordato
il 1° anniversario dell’ordinazione episcopale.

Riportiamo la significativa breve omelia che mons. Dianin ha tenuto.

La lettera agli Ebrei ci sta accompagnando in queste ferie del tempo ordinario e ci terrà compagnia per molte settimane. Oggi ci parla del sacerdozio dell’Antico Testamento per distinguerlo da quello inaugurato da Gesù e ci apre le porte sull’identità di noi preti oggi (Eb 5,1-10). Il sacerdote dell’AT era come un ponte che doveva collegare la terra al cielo, il popolo eletto al suo Signore. La tribù di Levi non aveva nemmeno un pezzo della terra di Palestina perché la sua terra era proprio quel ponte e il compito dei sacerdoti era di mediare tra Dio e gli uomini. Ma le cose sono cambiate da quando Dio si è fatto uomo in Gesù di Nazareth. Il sacerdote dell’AT era un ponte verso Dio, ma Dio ha deciso di attraversare quel ponte e di venire in mezzo al suo popolo. L’unico vero sacerdote, ricorda la lettera agli Ebrei, è Gesù, il Figlio amato, che ha abitato la nostra terra, ha condiviso la nostra condizione umana, ha sofferto e ha dato la sua vita per riunire per sempre il cielo e la terra. Non servono più ponti perché grazie al Figlio tutti abbiamo accesso diretto al Padre. Chi è allora il prete dopo la svolta operata da Gesù? È un uomo preso tra gli uomini; è un discepolo che fa i conti per primo con la sua umanità, le sue fragilità, i suoi peccati; è scelto, chiamato e inviato per continuare l’opera di Gesù e cioè annunciare la misericordia di Dio e dire a tutti che siamo amati e salvati non per i nostri meriti ma perché lui è venuto a salvarci. Non è sopra il popolo, non è esterno al popolo, ma è parte del popolo santo di Dio; è voce che deve far parlare la Parola, è un dito puntato come il Battista, è pecora e insieme pastore, è guida e sempre anche discepolo. Anzi, sottolinea il testo della lettera: «Può sentire compassione per quelli che sono nell’errore essendo anche lui rivestito di debolezza». Questa mattina eleviamo al Padre la nostra preghiera per i preti di questa nostra diocesi. A loro vorrei dedicare questo primo anniversario della mia ordinazione episcopale. Chiedo anche a voi di unirvi alla mia preghiera e alla mia offerta per ciascuno di loro. Nessuno si senta al di sopra del popolo di Dio, ma pellegrino con tutti. Siano pastori che amano il gregge e lo servono gratuitamente, “servi inutili” come dice Gesù, felici per la grazia e l’onore di essere stati chiamati e inviati. Siano uomini di comunione che difendono l’unità del gregge. Siano esempio di mitezza e di misericordia. Siano soprattutto uomini di Dio e mai gestori del sacro, siano umili e docili e abbiano come unica legge il Vangelo. Il vino nuovo, di cui ci parla il vangelo, ha bisogno di otri nuovi; l’abito da sposi che ci è stato consegnato nel giorno del battesimo e dell’ordinazione non ha bisogno di pezze ma di uomini nuovi per poter celebrare ogni giorno la gioia del vangelo.

+ Giampaolo